Vediamoli ora nello specifico, per ciascuna dimensione, potenzialità e
limiti:
Analogicità
Si intende il grado con
cui lo strumento didattico riproduce la realtà sotto diversi aspetti (visivo,
verbale, iconico, sonoro). Il livello di analogicità che presenta uno strumento
didattico dipende in parte dal numero di media (testi scritti, discorsi orali,
filmati, musiche ecc.) che vengono impiegati (multimedialità) - e quindi dal
numero di codici utilizzati (verbale, iconico ecc.) e dal numero di organi di
senso coinvolti e stimolati (multi-sensorialità) - e in parte dal tipo di
rapporto sussistente tra le rappresentazioni offerte e i corrispettivi oggetti
reali.
Se tale dimensionalità
varia in base alla presenza più o meno accentuata di elementi iconici e
acustici e in base alla loro qualità (che dipenderà dalla grafica, e dal
movimento), il ricorso intensivo a forme di rappresentazione e comunicazione analogica
può presentare alcuni limiti:
- Il bambino può
rischiare di rimanere ancorato agli elementi percettivi della rappresentazione
analogica e non riuscire a elaborarla in termini astratti.
-
Il bambino può
essere eccessivamente incentivato a procedere in maniera intuitiva, diventando
poco disponibile a seguire un modo di procedere sistematico.
Interattività
Riguarda il grado in cui
il fruitore può entrare in rapporto con lo strumento didattico ed essere attivo
nel processo di apprendimento. Alcuni programmi didattici richiedono la
partecipazione del bambino che è chiamato, per esempio, a disegnare, manipolare
immagini ecc. Altri invece favoriscono un atteggiamento più passivo: il bambino
deve solo guardare o ascoltare.
Al concetto di interattività è legato il principio di "feedback", cioè l'informazione di ritorno che dice all'utente il risultato della sua azione. Nel computer questa informazione è dato dal suono,
infatti un “clic”
ci assicura che abbiamo premuto un tasto, e l’assenza di
suoni può significare assenza di informazione, se il feedback di una certa
azione ce lo aspettiamo per via uditiva, il silenzio può provocare difficoltà;
entra in gioco così la “visibilità” delle
azioni. I suoni devono essere generati in maniera intelligente, con una chiara
comprensione del rapporto naturale che sussiste fra il suono e
l’informazione trasmessa, questa relazione è molto visibile nei
software didattici, infatti troviamo suoni piacevoli per indicare azioni giuste
e suoni sgradevoli per quelle sbagliate oppure affermazioni negative o positive
date dalla voce di un tutor.
L’interattività può però
generare alcuni problemi:
- Il bambino
agisce senza pensare, poiché può essere tentato a provare in modo casuale le
alternative a disposizione per verificarne di seguito l’adeguatezza o
inadeguatezza; “smanetta” cioè con il computer senza poter essere consapevole
di ciò che sta avvenendo.
- Il bambino
compie azioni fisiche a cui non corrispondono azioni mentali. Alcune delle
possibilità di interazione che il software permette potrebbero avere infatti soltanto
significati emozionali e ludici, senza che si produca apprendimento. Oppure il
software offre potenziali apprendimenti, ma il bambino non li recepisce perché
il suo comportamento è guidato prevalentemente da meccanismi motori anziché da
ragionamenti.
- Il bambino
fruisce soltanto degli aspetti esteriori degli ambienti navigati. L’interazione
in questi casi, non coinvolge la struttura della rappresentazione offerta dal
computer, ma opera superficialmente sui contenuti.
La
manipolazione, può si portare a compiere delle scoperte, ma queste richiedono
una rielaborazione cognitiva per essere pienamente apprezzate.
Libertà
E’ collegata alla
possibilità che il bambino ha di “muoversi” all’interno del software. La
libertà di movimento che viene permessa all’interno di percorso di
apprendimento (aspetto cognitivo) ha un corrispettivo nella modalità di organizzazione,
più o meno flessibile, delle informazioni trasmesse dallo strumento didattico
(caratteristiche strutturali dello strumento).
Per quanto concerne le
caratteristiche strutturali dello strumento didattico, i contenuti possono in
genere presentare due organizzazioni:
- ORGANIZZAZIONE
LINEARE: in questo caso il bambino dovrà seguire una sequenza prestabilita, con
una sua logica interna (ad esempio un filmato). La libertà sarà, allora,
abbastanza limitata.
- ORGANIZZAZIONE
RETICOLARE: in questo caso il bambino potrà scegliere tra diverse opzioni il
suo itinerario di apprendimento. Un rischio a cui si va incontro all’interno di
strutture reticolari, che consentono un ampio raggio di libertà, è la
possibilità di “fossilizzarsi” e utilizzare un unico stile di apprendimento. Il
bambino si collocherà infatti sempre secondo il proprio stile di apprendimento,
non sviluppando così quegli stili che gli sono meno congeniali e che potrebbero
essere invece utili nell’affrontare compiti specifici che incontrerà nella sua esperienza
formativa e nel rapporto con il reale. Un altro rischio, è quello di perdersi
all’interno delle scelte e delle opzioni scomponendo le informazioni e perdendo
così la possibilità di farle costruire in un contesto di riferimento più ampio.
Bisogna quindi evitare che le informazioni possano diventare “pillole” di conoscenza
slegate, senza filo conduttore.
Fonti:
- Antonietti A. – Che software scelgo?,
Scuola Materna, articolo web del 2001
- Antonietti A./Cantoia M. – Imparare con il computer. Come costruire
contesti di apprendimento per il software, Erickson, Trento 2001
- Norman Donald A. – La
caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, Giunti
editore. 1997
- Spinetta Rossella – La
mia casa: l’apprendimento del bambino giocando con i software didattici, Tesi 2004