domenica 21 maggio 2023

Si può parlare di cultura tecnologica?

Una domanda, che da qualche tempo sto cercando di dare un senso e una forma, è la seguente:

Si può parlare di cultura tecnologica nell’educazione, nell’istruzione e nella formazione?

Tutti gli oggetti tecnologici con cui ogni giorno interagiamo sono progettati esclusivamente come strumenti per comunicazione di informazioni con funzione di efficienza nel raggiungere uno scopo ben preciso con una tecnica fine a se stessa, seguendo la logica di mercato.

L’essere umano, al contrario, partecipa in modo emotivo alla fruizione degli oggetti tecnologici facendosi talvolta anche travolgere dagli stessi per “stare al passo” con le nuove tecnologie. Secondo lo psicologo Donald Norman “la tecnologia cambia rapidamente, gli individui e la cultura lentamente”.
Con questi presupposti bisogna parlare allora di creare una cultura tecnologica partendo dall’educazione alla tecnologia, educazione intesa come ex-ducere (trarre fuori), per favorire un processo di crescita attraverso il gioco, l’esplorazione, la curiosità, l’osservazione, l’immaginazione, il ragionamento e lo spirito critico, non mancando di un equilibrato sviluppo emozionale affettivo relazionale della persona in rapporto al mondo tecnologico.

Negli ambienti formali la scuola è il luogo principe di educazione e istruzione, ma ogni ambiente può essere fonte di educazione alle tecnologie, dagli ambienti non formali come biblioteche, un centro ludico-didattico, agli ambienti virtuali informali, come i social network, poiché il soggetto ha sempre con sé il proprio device mobile per apprendere anche in modo involontario.

È necessario, allora, una “cassetta degli attrezzi”, quella metafora sulla cultura, definita dallo psicologo Jerome Bruner, come “l’insieme degli attrezzi mediante i quali costruiamo non solo il nostro mondo, ma la nostra concezione di noi stessi e delle nostre capacità”. Potendo contare su una “cassetta degli attrezzi”, il soggetto ha una gestione attiva delle tecnologie e degli ambienti di informazione, proprio perché ha una conoscenza dell’oggetto stesso e dei suoi possibili accessi ai contenuti. Utilizza lo strumento come mezzo per diventare competente ad usare e selezionare le informazioni, evitando quell’opulenza informativa, che per il designer Tomás Maldonado porta 
alla ridondanza, alla “noia percettiva che si esprime soprattutto come apatia, come rigetto, e persino come disgusto di fronte a messaggi troppo ripetuti”.

Se il dialogo tra cultura e tecnologia è possibile, allora anche l’innovazione di metodologie con le nuove tecnologie diventa cultura.


Approfondimenti dal Web:

Repubblica Digitale - DigiComp 2.2. Il Quadro delle Competenze Digitali per i Cittadini


Approfondimenti dal Blog:
Essere cittadini digitali
Lo spazio fisico nelle dimensione dell’apprendimento.
Una breve introduzione...come nasce questo blog



Fonti


  • Bruner Jerome, La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Milano, Universale economica Feltrinelli, 2017.
  • Mariani A., Cambi F., Giosi M., Sarsini D., Pedagogia generale. Identità, percorsi, funzioni, Roma, Carocci, 2017.
  • Norman Donald, La caffettiera del masochista. Il design degli oggetti quotidiani, Giunti Editore, Firenze 2014.
  • Maldonado Tomás, Critica della ragione informatica, Milano, Feltrinelli, 1997.