venerdì 12 luglio 2013

Gioco quindi sono

Post aggiornato al 23 agosto 2023


L'uomo è completamente uomo solo quando gioca.

- Provate ad  andare a rileggere i manuali di filosofia e di storia dell’educazione, rimarrete sorpresi della presenza del gioco nell’educazione. Ne discutevano i Presocratici, ne parlava Platone, convinto della sua importanza, e Aristotele. Lo consigliava Quintiliano e anche nei secoli bui del primo Medioevo, l’attività ludica veniva guardata con grande interesse, e poi nel Rinascimento con Filippo Neri nel suo oratorio, molto orientato agli interessi dei bambini e quindi al gioco. Per arrivare, saltando secoli e dimenticando decine di grandi pensatori, fino a Johan Huizinga che, con Homo ludens, dimostrò che l’uomo è un animale giocoso e che tutto il suo mondo ha carattere ludico.
Giocare quindi per essere, per mettere a frutto le proprie potenzialità in un ambiente privo dai rischi del reale.
Molti etologi hanno studiato l’importanza del gioco nei primati. Per anni hanno osservato il comportamento dei gorilla e si sono accorti che i cuccioli incapaci o impossibilitati a giocare restano immaturi e da adulti non sono capaci di affrontare le insidie della natura. Quindi sono destinati a morire. Il gioco diventa così una sorta di allenamento, di prova generale per affrontare la realtà.
L’uomo non si discosta molto da questo modello di apprendimento naturale - (Gasparetti M., 1998)

Gioco e apprendimento sono quindi strettamente intrecciati: giocare è utile sia per fare esperienze aspecifiche, cioè per promuovere la maturazione delle funzioni cognitive, sia per compiere apprendimenti specifici, cioè per imparare nozioni, concetti, strategie in modo ludico senza fatica.


Apprendere giocando
Giocare apprendendo e apprendere giocando, nonché giocare per apprendere o apprendere per giocare sottendono, comunque, un processo di conoscenza.
Il gioco facilita l’apprendimento di concetti e relazioni complesse quando predispone il soggetto a sperimentare, ad esempio attraverso la simulazione, quanto li costruisce e costituisce. Inoltre l’attività ludica consente di valutare le conseguenze legate a prestazioni e decisioni, verificandone i risultati che, anche se fuorvianti, non producono concreti effetti negativi sulla persona; tale processo comporta costantemente uno sviluppo di tipo formativo.

Quindi, giocando si apprende a conoscere gli oggetti, il movimento, l’uso del linguaggio, i processi d’integrazione logico-cognitiva, ma anche il corpo, l’affettività, e l’emotività, la propria crescita globale, nonché gli altri e l’evoluzione del rapporto interpersonale: giocando si forma l’universo dentro e fuori di sé.
Si può quindi proporre una didattica della “ludicità”: con questo termine, non si vuole comprendere solamente ciò che includono dinamiche e processi di gioco, strettamente inteso, ma ludicità come connaturale all'uomo, in quanto comportamento o/e atteggiamento nei confronti di sé, degli altri, del mondo, che è tanto formativa, quanto didatticamente orientabile.

La dimensione ludica, dunque, è da sempre rappresenta come forma più spontanea di relazione interumana: attraverso quest’interazione ci si misura con lo spazio e il tempo imparando a condividerlo.
Se il gioco è il luogo ideale della simulazione e della libera sensorialità, è quindi plausibile estendere questa potenzialità nell'ambiente artificiale dell’ipermedia, dove iniziamo a dimensionarci in un nuovo spazio-tempo, quello digitale.


Approfondimento dal Blog:
Il computer oggi : lo scatolone giocoso


Fonti:
  • Gasparetti Marco, Computer e scuola. Guida all'insegnamento con le nuove tecnologie, Apogeo 1998
  • Infante Carlo, Imparare giocando. Interattività tra teatro e ipermedia, Bollati Boringhieri, Torino 2000
  • Kaiser Anna, Genius ludi: il gioco nella formazione umana, Armando Editore, Roma 1995
  • Oliverio Alberto, L'arte di imparare. A scuola e dopo, BUR, Milano 2001 
  • Schiller Friedrich, Lettere sull'educazione estetica dell'uomo. Callia o della bellezza, Armando Editore, 2002