Post aggiornato al 23 agosto 2023
L'uomo è completamente uomo solo quando gioca.
- Provate ad andare a rileggere i
manuali di filosofia e di storia dell’educazione, rimarrete sorpresi della presenza del
gioco nell’educazione. Ne discutevano i Presocratici, ne parlava Platone,
convinto della sua importanza, e Aristotele. Lo consigliava Quintiliano e anche
nei secoli bui del primo Medioevo, l’attività ludica veniva guardata con grande
interesse, e poi nel Rinascimento con Filippo Neri nel suo oratorio, molto orientato
agli interessi dei bambini e quindi al gioco. Per arrivare, saltando secoli e
dimenticando decine di grandi pensatori, fino a Johan Huizinga che, con Homo ludens, dimostrò che l’uomo è un animale giocoso e che tutto il suo mondo
ha carattere ludico.
Giocare quindi per
essere,
per
mettere a frutto le proprie potenzialità in un ambiente privo dai rischi del
reale.
Molti etologi hanno studiato l’importanza del gioco nei
primati. Per anni hanno osservato il comportamento dei gorilla e si sono
accorti che i cuccioli incapaci o impossibilitati a giocare restano immaturi e
da adulti non sono capaci di affrontare le insidie della natura. Quindi sono
destinati a morire. Il gioco diventa così una sorta di allenamento, di prova
generale per affrontare la realtà.
L’uomo non si discosta
molto da questo modello di apprendimento
naturale - (Gasparetti M., 1998)
Gioco e apprendimento sono quindi strettamente intrecciati:
giocare è utile sia per fare esperienze aspecifiche, cioè per promuovere la
maturazione delle funzioni cognitive, sia per compiere apprendimenti specifici,
cioè per imparare nozioni, concetti, strategie in modo ludico senza fatica.
Apprendere giocando
Giocare apprendendo e
apprendere giocando, nonché giocare per apprendere o apprendere per giocare
sottendono, comunque, un processo di
conoscenza.
Il gioco facilita
l’apprendimento di concetti e relazioni complesse quando predispone il soggetto
a sperimentare, ad esempio attraverso la simulazione, quanto li costruisce e
costituisce. Inoltre l’attività ludica consente di valutare le conseguenze
legate a prestazioni e decisioni, verificandone i risultati che, anche se
fuorvianti, non producono concreti effetti negativi sulla persona; tale
processo comporta costantemente uno sviluppo di tipo formativo.
Quindi, giocando si
apprende a conoscere gli oggetti, il movimento, l’uso del linguaggio, i
processi d’integrazione logico-cognitiva, ma anche il corpo, l’affettività, e
l’emotività, la propria crescita globale, nonché gli altri e l’evoluzione del
rapporto interpersonale: giocando si
forma l’universo dentro e fuori di sé.
Si può quindi proporre una
didattica della “ludicità”: con
questo termine, non si vuole comprendere solamente ciò che includono dinamiche
e processi di gioco, strettamente inteso, ma ludicità come connaturale all'uomo, in
quanto comportamento o/e atteggiamento nei confronti di sé, degli altri, del
mondo, che è tanto formativa, quanto didatticamente
orientabile.
La dimensione ludica,
dunque, è da sempre rappresenta come forma più spontanea di relazione
interumana: attraverso quest’interazione ci si misura con lo spazio e il tempo
imparando a condividerlo.
Approfondimento dal Blog:
Il computer oggi : lo scatolone giocoso
Fonti:
- Gasparetti Marco, Computer e scuola. Guida all'insegnamento con le nuove tecnologie, Apogeo 1998
- Infante Carlo, Imparare giocando. Interattività tra teatro e ipermedia, Bollati Boringhieri, Torino 2000
- Kaiser Anna, Genius ludi: il gioco nella formazione umana, Armando Editore, Roma 1995
- Oliverio Alberto, L'arte di imparare. A scuola e dopo, BUR, Milano 2001
- Schiller Friedrich, Lettere sull'educazione estetica dell'uomo. Callia o della bellezza, Armando Editore, 2002